Poteri giurisdizionali del Conte di Modica
Le comunità ebraiche nella contea di Modica, pp. 117 e ss.
Quale logica reazione al caotico periodo di anarchia feudale, precedente la conquista dell'isola da parte dei Martini, il Parlamento del 1398 fece sanzionare al nuovo sovrano una serie di provvedimenti intesi a ridimensionare lo strapotere dei baroni siciliani. In forza di questi nuovi capitoli del regno, nessuno - all'infuori del re e dei suoi ufficiali - poteva esercitare il merum imperium. Inoltre, tutte le giurisdizioni usurpate venivano automaticamente annullate e tutte le sentenze dei baroni - che avevano legittimo e limitato diritto di esercitare la giustizia - venivano assoggettate all'appello presso la Regia Magna Curia a cui tutti, senza alcuna eccezione, dovevano ubbidienza1.

Tuttavia, un'eccezione c'era che non sminuiva, nella sua unicità, la drasticità del provvedimento e anzi, accentuava l'estremo rigore della regola. In un ordinamento giudiziario che rappresentava senza dubbio una forza antifeudale, teso com'era a comprimere la giurisdizione baronale ed a ripristinare il decaduto prestigio sovrano, la portata di questa eccezione è facilmente intuibile2.
Il già citato diploma d'investitura a Bernardo Cabrera, del 20 giugno 1392, riporta, tra gli altri privilegi, un unicum che vale la pena di trascrivere: «Comitatum, castra et loca praedicta vobis concedimus ... cum mero et mixto imperio, maximo medio et minimo, et cum omni jurisdictione et dominatione tam civili quam criminali et cum appellationibus quibuscumque ... »3.

Tenuto conto che il «massimo impero», in diritto pubblico, è assai più del «mero», e che il diritto di appello era prerogativa esclusiva della Regia Magna Curia, i conti di Modica, in virtù di un privilegio che non fu mai revocato, godettero di un diritto - unico in Sicilia – che, nell'esercizio della giustizia, li rese uguali al sovrano. Essi, infatti, «poterono costituire, nella capitale della Contea, tanti magistrati a simiglianza di quelli del Regno e, fra gli altri, un Tribunale di Gran Corte, con le stesse attribuzioni della Regia Gran Corte di Palermo»4.
Io non escludo che il diploma di investitura sia stato rimaneggiato ed ampliato dal Cabrera che si riteneva, ed in effetti era stato, il vero conquistatore della Sicilia5. Sta, per questa tesi - sostenuta da quasi tutti gli storici, sulla scorta delle conclusioni di G. L. Barberi - il fatto che il documento fu apertamente dichiarato falso da Re Alfonso, il quale denunziò le abrasioni, le aggiunte e le irregolarità che presentava il diploma esibito dai Cabrera nel 1451, rispetto al vero originale6.
Ma non è da escludere neppure che i privilegi, di cui si impugnò l'autenticità - e, tra essi, quelli di carattere territoriale - siano stati oggetto di una concessione sovrana, successiva all'investitura del 1392. Certo è che, o di diritto o di fatto, il Cabrera esercitò pubblicamente tutte le sue prerogative, per oltre trent'anni e mai, durante tutto questo tempo, gli venne mossa alcuna contestazione da parte di re Martino di Sicilia, prima, del re Martino di Spagna, dopo, o di uno qualsiasi dei grandi feudatari della Sicilia.

È strano anche il fatto che Re Alfonso, seppure ammorbidito da una sostanziosa composizione, abbia confermato nell'intero il diploma d'investitura esibito dalla parte interessata, con un equivoco provvedimento di sanatoria 7, che rese legittimi tutti i diritti che abusivamente avevano esercitato Bernardo Cabrera ed i suoi discendenti. Strano, perché in contrasto con le precise e rigide disposizioni delle prammatiche dello stesso anno 1451, con le quali, oltre che dichiarare prerogativa suprema del sovrano il diritto di comporre i delitti, per denaro, o di appropriarsi dei beni del condannato, vietava severamente ai baroni che godevano il mero e misto impero, di decidere le appellazioni o le revisioni delle loro sentenze 8.
Un po' di luce la si potrebbe ricavare, forse, dal rapporto che il conte di Villarosa, don Mario Cutelli, regio Consigliere e giurista di fama indiscussa, il 5 maggio 1649, indirizzò al vicerè Giovanni d'Austria, per esprimere il suo favorevole parere motivato, sulla conferma degli antichi privilegi giurisdizionali al conte di Modica.
In questo rapporto, il Cutelli afferma che il Tribunale di Modica «tiene un Avvocato Fiscale che è titolo antico della Gran Corte del Contado ed i Giudici di essa non ambiscono venir nominati Giudici di Palermo, Messina o Catania, godendo la stessa ampiezza di giurisdizione. Inoltre, la concessione del diritto dato al conte di Modica è singolare ed alcun altro non l'ha nel Regno, sì per esserglisi conferita la pienezza del mero e misto impero e senza riserva alcuna, come per essergli stato accordato il terzo grado di giurisdizione che non ha né Messina, né Palermo. Quest'ultima città aveva pregato per ottenerlo, a somiglianza di Modica, ma non l'ottenne pei suoi magistrati. Le motivazioni di questi privilegi non sono d'allegarsi al resto delle altre città. Basti dire che re Martino riconosce d'avere avuto il Regno per merito del conte Bernardo Cabrera e perché la sua giurisdizione è singolare, può anche singolarizzarsi il privilegio, senza che si possa trarre ad esempio»9.

Modica, dunque, capitale della più vasta e potente contea della Sicilia, aveva il Tribunale di Gran Corte - presieduto dal Luogotenente del Conte, o dal Governatore, e composto di tre Giudici utriusque iuris doctores e di un Avvocato Fiscale - ed una Curia di Appello che non aveva neppure Palermo; ad averla, in Sicilia, infatti, erano soltanto il conte di Modica e l'arcivescovo di Monreale 10, mentre tutte le altre città, per il primo e per il secondo appello, dovevano ricorrere, rispettivamente, al Giustiziere della Provincia o alla Regia Magna Curia di Palermo. Il Tribunale di Modica, quindi, sottratto alla giurisdizione del Giustiziere della Provincia e della Regia Magna Curia, amministrava la più alta giustizia civile e criminale, per cui giudicava di ogni tipo di delitto, ad eccezione di quello di lesa maestà.
Al Tribunale del Re erano pure demandate tutte quelle cause, civili o criminali, in cui erano coinvolti il conte di Modica o l'università dei suoi vassalli. Questa circostanza si verificò, in forma macroscopica, una prima volta nel 1447, quando gli abitanti della contea, vessati dalla fiscalissima amministrazione di Giovan Bernardo Cabrera, si ribellarono in armi, assaltarono il castello, bruciarono l'archivio comitale, uccisero soldati e funzionari del conte ed anche un figlio naturale di questi, che spadroneggiava in nome suo11.(...)

Una seconda volta, nel corso del XV secolo, si verificò nel 1474, quando, a seguito dell'eccidio di 360 ebrei, l'università modicana fu sottratta alla competenza del Foro comitale, per essere giudicata e condannata dalla Regia Gran Corte e, per essa, dal viceré Lope Ximen Durrea. In questo caso, due furono le limitazioni che subirono i privilegi d'investitura del 1451; perché alla prima, cui si è accennato, si aggiunse anche quella relativa alla delega del potere sovrano ai conti di Modica, in materia di giurisdizione sui giudei che, in tutto il resto del territorio del regno, erano considerati «servi della regia Camera».
Nell'uno e nell'altro aspetto della doppia limitazione, si potrebbero ravvisare gli estremi del caso eccezionale ed invocare i principi del diritto generale; vedremo, invece, come anche in casi comuni, in cui le parti in causa non erano né l'universitas, né il suo signore, ma dei privati vassalli, soggetti - anche se ebrei - alla completa ed illimitata giurisdizione del conte, il potere regio o viceregio, quando voleva, si sostituiva integralmente a quello del beneficiario titolare.
(...)

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1.    Capitolo 10 di re Martino, in F. Testa: op. cit. Tomo I, pag. 144.

2.    Lo stesso re Martino, in una lunga premessa elogiativa, nel diploma di investitura, motivò il privilegio con l'eccezionalità dei meriti del beneficiario.

3.    R. Solarino: op. cit., vol. 2°, p. 155.

4.    D. Orlando: Il feudalesimo in Sicilia. Palermo, Tip. Lao, 1847, p. 188. Cfr. anche, T. Fazello: op. cit., tomo 1°, p. 643; Amico e Statella: Lexicon topographicum Siculum. Panormi, apud Bentivenga, 1757, tomo 1°, parte 2a/sup>, p. 97; Villabianca: Della Sicilia nobile. Palermo, 1754-59, tomo 3°, parte 2a/sup>, lib. 4°, p. 6; B. Masbel: Descrittione e relatione del Governo di Stato e Guerra del Regno di Sicilia. Tip. Coppola, Palermo, 1694, cap. 15, p. 44; Solarino: op. cit., vol. 2°, p, 152 e segg.; G. Modica Scala: L'Ordinamento ecc., cit., p. 35 e segg.

5.    Oltre alla vasta letteratura sull'argomento, cfr. particolarmente, Solarino: op. cit., vol. 2°, p. 122; Modica Scala: I Conti di ferro, in «Voce Libera», anno 2°, 1967, n. 6.

6.    Una conferma che il diploma esaminato da Re Alfonso fosse apocrifo, fu data dalla copia conservata nel Grande Archivio di Palermo e trascritta, intorno al 1500, da G. L. Barberi, nel suo Capibrevium, che non conteneva il privilegio del massimo impero.

7.    Il Solarino, una prima volta (op. cit., vol. 2°, p. 137, n. 1), pone la data della reinvestitura, concessa da Re Alfonso, dalla Torre Ottavia di Napoli, all'11 febbraio 1451. Poco più avanti (pag. 161), la stessa concessione è datata al 25 febbraio del 1457. Il Sortino Trono Schininà (op. cit., p. 196), che attinse dall'opera del Solarino, ripete la prima data del 1451 che un evidente errore tipografico trasformò in 1541. Noi seguiamo il più attendibile Inveges (op. cit., pp. 471-2) che riporta 1'11 febbraio del 1451, quale data della sentenza di condanna, ed il 23 febbraio 1451, quale data del privilegio integrativo (Canc. anno 1450, ff. 417-426).

8.    Cfr. R. Gregorio: Storia, ecc., cit. p. 496.

9.    Placido Carrafa, nel suo Prospetto corografico istorico di Modica del 1650, trascrive integralmente il rapporto del Cutelli. Nell'edizione volgarizzata dal Renda, nel 1869, il testo è riportato a pag. 64 e ss. Nel corso di una acuta analisi, troppo lunga per essere riportata nell'intero, il grande giurista siciliano - notoriamente contrario al trasferimento nei baroni del potere sovrano di amministrare la giustizia, ed a cui il vicerè si era rivolto, appunto, per consiglio - fa rilevare che l'eccezionalità del privilegio scaturiva dalla statura particolare del primo beneficiario, al quale re Martino riconosceva il grandissimo merito di avergli conquistato il regno di Sicilia. Ma, nel contempo, non tralascia di ricordare al rigido Giovanni d'Austria, con garbata eloquenza, gli stretti legami di parentela che avevano unito, ed univano ancora, i conti di Modica al sovrano di Spagna.

10.    R. Gregorio: Storia, ecc., cit., pag. 474.

11.    ) R. Solarino: op. cit., vol. 2°, p. 136; Sortino Trono Schininà: op. cit., pag. 195.

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