Sandbostel
21 ottobre 1944
Mi accorgo che, spesso e volentieri, i miei pensieri riportano alla memoria gli avvenimenti più lieti della mia vita, rifiutando di soffermarsi su quelli più tristi o più drammatici degli anni di guerra. Gli episodi bellici, quelli che hanno creato martiri ed eroi, hanno qui una importanza marginale, una incidenza indiretta. Io non ho vissuto i giorni terribili del fronte occidentale francese, non ho partecipato all’epopea africana, non ho combattuto sulle steppe della Russia o sui monti ghiacciati del fronte greco-albanese. La mia partecipazione alla guerra è tutta compresa nei tre giorni di scaramucce nell’isola delle rose, sparando raffiche alla cieca contro uomini che avevano il solo torto di indossare una divisa diversa dalla mia. Per il resto: mitragliamenti e bombardamenti, la mia sorte non è stata diversa da quella di milioni di civili: uomini, donne e bambini che nelle città, piuttosto che al fronte, hanno dato alla guerra il più alto contributo di sangue.
Questo mio diario sembra raccolga le memorie di un libertino, piuttosto che le imprese di un guerriero o l’odissea di un prigioniero. Io credo che ciò sia frutto della penosa e scoraggiante condizione del presente, in cui cervello e cuore si rifugiano in questo mondo del passato, tutto mio, tutto luce, quasi a trarne conforto e nuova forza, per continuare a resistere.
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