Il Liber Augustalis di Federico II
Sicilia medievale, pp. 516-522
Il 1° settembre del 1231, a Melfi, divenne legge il Liber o Lex Augustalis, che comprendeva 217 Costituzioni, alle quali, tre anni dopo, ne furono aggiunte altre 61.
Uno degli ispiratori fu Giacomo, arcivescovo di Capua, malgrado il divieto di papa Gregorio di formulare leggi “destitutivas salutis et institutivas enormium scandalorum”. Ma il merito maggiore va attribuito a Taddeo di Sessa, che diede consistenza tecnica alle leggi emanate da Federico, e a Pier delle Vigne, insuperato maestro nello stile curialesco. Altri insigni giuristi che collaborarono alle Costituzioni furono alti prelati della corte imperiale: l'arcivescovo di Palermo, l'arcivescovo di Messina e il vescovo di Ravello (Salerno). Federico usava designare alla carica di vescovo i chierici studiosi delle scienze giuridiche.

Nella Introduzione alle Costituzioni di Melfi, Federico volle che fosse inserito:
“Noi, dal momento che siamo stati innalzati alla più alta carica dell'Impero romano, grazie alla legge di Dio onnipotente, decidiamo, per la gloria di Cristo che ci ha dato tutto quello che possediamo, di offrire un significativo ringraziamento coll'amministrare la giustizia e conciliare i vari diritti; e per prima cosa ci occuperemo di questa parte dei nostri regni che, per quello che concerne la giustizia, ha più bisogno delle nostre cure". (1)

Federico affermò di essere la fonte di una legge che annullava la maggior parte dei privilegi goduti dalla classe feudale e riduceva notevolmente quelli goduti dal clero e dalle città. Nessun cenno al vassallaggio dovuto alla sovranità della Santa Sede.
Veniva di fatto eliminata la partecipazione baronale agli affari di Stato e quasi annullata l'autonomia dei Comuni. Integrando e migliorando l'ordinamento fissato da Ruggero II, Federico diede al Regno una struttura giuridica che si mantenne salda e inalterata sino all'Ottocento.

Federico II “non conobbe fedeltà alla religione senza fedeltà all'Impero; ribelli ed eretici erano uguali davanti alla sua legge. In teoria, se il papa si fosse occupato soltanto delle cose dello spirito, avrebbe potuto risultarne una perfetta armonia tra l'autorità temporale e quella secolare. In pratica, ne venne un contrasto acutissimo” che non fa certo onore alla Chiesa del tempo e che, in definitiva, causò la fine degli Hohenstaufen. (2)

Il Liber Augustalis, così completato, raccolse ed ordinò anche le leggi precedentemente emanate dai Normanni. Così come orgogliosamente aveva dichiarato Ruggero II, l'imperatore Federico affermò - come premessa - di avere ricevuto il Regno direttamente da Dio e dai suoi genitori. E, poi di seguito: gli ecclesiastici non potevano intromettersi nelle questioni estranee alla Chiesa; la giustizia penale spettava soltanto al sovrano; gli Ebrei e i Musulmani godevano della protezione del re. Gli Ebrei erano considerati servi della Camera regia. Non potevano esercitare professioni liberali, né potevano occupare pubblici uffici. Dovevano vestirsi con abiti diversi da quelli usati dai Cristiani e dovevano pagare una particolare tassa, la iocularia, e la gabella fumi (3). Agli Ebrei era permesso concedere prestiti all'interesse del dieci per cento, mentre, per i Cristiani, l'usura era considerata un crimine. A favore degli Ebrei, Federico studiò a lungo l'accusa che veniva loro mossa, di essere cioè colpevoli di omicidi rituali: la riconobbe come infondata e ne vietò la diffusione. (...)

Le prostitute avevano la protezione del re; veniva, infatti, condannato a morte chi avesse fatto loro violenza: una disposizione che derivava direttamente da suo nonno, Ruggero II. Pene gravissime erano comminate contro i rapitori di donne o contro chi non soccorreva donne violentate: costituzioni che elevavano la dignità della donna, parificandola a quella dell'uomo. Tutte queste leggi nascevano da una concezione nuova della vita, che si sviluppava alla corte di Federico, in una esaltazione viva della personalità umana. (...)

Federico era convinto che la sua autorità gli derivava da Dio per il regolamento delle cose umane nella sfera della vita terrena; il papa, invece, la derivava per la preparazione della vita eterna. L’Impero era una istituzione sociale e, come tale, doveva curare i rapporti umani; la Chiesa era una istituzione divina, esclusivamente spirituale e, come tale, doveva curare le anime.

Le Costituzioni rivelavano il concetto che Federico aveva della sovranità e dello Stato. Al testo delle leggi - che costituivano il più importante corpus legislativo del Medioevo - l'imperatore premise le origini della sovranità temporale, in un contesto assolutamente originale e nuovo. Quale conseguenza del peccato di Adamo ed Eva - affermava Federico - si svilupparono sulla terra gli odi e le guerre, la proprietà individuale e tutti i disordini di una vita sociale dominata dal peccato. Avvenne così che “rerum necessitate cogente” e per disposizione della volontà divina “principes gentium sunt creati per quos posset licentia scelerum coerceri: qui vite necisque arbitri gentibus quale quisque fortuna, sortem, statum haberent, velut executores quodammodo divine Providentiae stabilirent”.
I principes gentium sono investiti del loro potere quali executores della Divina Provvidenza; il loro primo compito è quello legislativo e la loro funzione essenziale è la diffusione e la difesa della giustizia. Lascia tuttavia un senso di turbamento l'affermazione di Federico secondo cui si riteneva padrone dei suoi sudditi, oltre che delle loro fortune, del loro stato e della loro sorte. (...)

Il concetto fondamentale cui si informa tutto il Liber Augustalis deriva da quello romano dell'assolutismo del re che, attraverso tutta una scala di giustizieri, a lui direttamente sottoposti, esercitava i poteri dittatoriali dello Stato. A capo di tutta l'amministrazione, Federico mantenne i supremi ufficiali del regno normanno: il gran cancelliere, il gran connestabile, il grande ammiraglio, il gran giustiziere, il gran protonotaro, il gran camerario e il gran siniscalco. Tutti e sette formavano il Consiglio della Corona, e da essi dipendevano gli ufficiali minori: i giustizieri provinciali, i giudici, i notai, i maestri camerari, i procuratori del demanio, i collettori e i tesorieri.

Tranne poche eccezioni, con il Liber Augustalis “la Sicilia ebbe la più perfetta legislazione d'Europa, superando quella fase per molti aspetti ancora barbarica, nella quale si trovava ancora impigliata la legislazione degli altri paesi. Con la tutela accordata al suddito, di fronte al proprio signore, con la uguaglianza riconosciuta a tutti i cittadini di fronte alla legge, con la protezione concessa agli stranieri, con l'abolizione dell'ius naufragii e del giudizio di Dio, con l'ordinamento della magistratura sulla base della divisione dei poteri e della responsabilità personale, con l'ordinamento burocratico dello Stato, la Sicilia supera il Medioevo ed offre all'Europa una legislazione modello”. (4)

Giuristi e storici sono concordi nell'esaltare il senso di giustizia che anima il Liber Augustalis e che ponte di fronte alla legge l’uguaglianza di ogni suddito “sive sit Francus, sive Romanus aut Longobardus”. Le Costituzioni di Melfi (città dove Ruggero II, nel settembre del 1129, aveva emanato le sue Assise) allarmarono papa Gregorio IX. Anche se nelle sue Costituzioni Federico non ledeva in alcun modo la dignità della Chiesa, il pontefice comprese benissimo che la concezione sacra ed universale che l'imperatore aveva del suo alto ufficio lasciava poco spazio alla Chiesa; e si affrettò a protestare con una lettera dal tono risentito ed offeso: "Abbiamo appreso che tu, spinto dalla tua volontà e sorretto dai pessimi consigli degli eretici, vuoi promulgare nuove leggi, in conseguenza delle quali tu sarai considerato persecutore della Chiesa e demolitore della libertà pubblica, cosicché tu rivolgi le tue forze contro te stesso".
Contemporaneamente, però, il pontefice diede incarico al suo cappellano, Raimondo di Peñafort, di riunire in unica collezione le Decretali, comprese quelle da lui promulgate, che rivendicavano alla Chiesa il dominio universale.

Nello stesso anno delle Costituzioni, Federico, utilizzando le risorse umane del regno, affidò agli Ebrei il monopolio della seta e quello delle tintorie. E nella sua politica tollerante verso gli Ebrei e verso gli Arabi (sotto la diretta protezione della Corona), assecondò negli uni l'abilità nel commercio e, negli altri, lo spirito guerriero, arruolandoli nell'esercito imperiale. (...)

Il Liber Augustalis - osserva Michelangelo Schipa - “è il primo codice medievale ispirato ai príncipi del diritto romano, anziché alla consueta legge feudale, ed è un documento della civiltà fiorita in Sicilia. Pur ammettendo il suo assolutismo e il carattere draconiano delle punizioni, lo spirito illuminato del suo promulgatore, di gran lunga all'avanguardia rispetto al suo tempo, è testimoniato dall'intenzione di prevenire, piuttosto che reprimere, il crimine. Con le sue leggi, Federico incoraggiò l'agricoltura; vietò il sequestro, per causa di debiti, dei buoi e degli strumenti agricoli; creo delle fattorie modello; diede impulso alla coltivazione del cotone e della canna da zucchero; e autorizzò la distruzione di intere foreste, per far posto a vigneti. Anche se i papi si scagliarono contro l'intollerante dispotismo di Federico, è innegabile che i nuovi strumenti che egli creò e che applicò a grandi progetti, portarono molti vantaggi. Sotto la sua amministrazione vigorosa - e, entro certi limiti, liberale - il regno di Sicilia giunse ad un livello di prosperità e di civiltà fino ad allora mai raggiunto da qualsiasi paese d'Europa”.

Federico poteva vantarsi di essere il sovrano più potente d'Europa: aveva notevolmente ridotto, e quasi annullato, il potere feudale; aveva distrutto i castelli dei feudatari, o li aveva incamerati al regio demanio; aveva soffocato la guerriglia saracena in Sicilia e trasformato i ribelli musulmani in un fedele ed agguerrito corpo scelto di guerrieri; aveva riordinata l'economia e allestita una potente e numerosa flotta commerciale e militare.


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1) In due decreti (uno del 1236 e l'altro del 1238) Federico accennò alla Sicilia come invidia di tutti i popoli, come nobile paese dalla straordinaria amabilità, come un paradiso tra gli arbusti, e un'oasi dalle preoccupazioni del mondo. Fra parentesi - avverte Hanno Helbling - i due decreti imponevano nuove tasse di guerra. Infatti, mentre in Germania poteva contare sulle armi dei cavalieri, nel Meridione d'Italia contava sugli aiuti in denaro.
2) Cfr. H. Helbling: op. cit., pp. 184 e 194
3) La iocularia era una tassa che si pagava per le nozze che, celebrate secundum ritum sarracenorum, erano allietate dalla presenza di ioculatores, giullari; la gabella fumi si pagava per ogni capo di bestiame che gli Ebrei macellavano.
4) A. De Stefano: La cultura, etc., p.156
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