Sessualità cristiana e musulmana
Sicilia medievale, pp. 756-760
L'argomento trattato nelle brevi note del testo può trarre in inganno chi, della moralità cristiana, si è fatto un giudizio approssimativo. Ad evitare false conclusioni, ritengo non inutile illustrare il fenomeno della sessualità — tra i più importanti e discussi dell'umanità — come visto e considerato dai Padri dell'alto e basso Medioevo. Un sintetico excursus nel passato non guasta.
Non si ha notizia di quando il pellegrinaggio in Terra Santa vide riconosciuto il suo ruolo spirituale, nè dei vari stadi attraverso i quali si operò l'evoluzione del pellegrinaggio inteso come penitenza. Si sa soltanto che, tra il IV e il V secolo, san Gerolamo lamentava che a Gerusalemme vi fosse riunita «una tale folla di pellegrini d'ambo i sessi, che ogni tentazione, che potrebbe in qualche maniera essere altrove evitata, si trova qui presente 1».
Parlando degli Arabi, Ammiano Marcellino — lo storico latino del IV secolo — stigmatizza il «furore con cui in quella nazione, i due sessi si abbandonano all'amore 2». La nomea di uomini lussuriosi persistette e si ampliò nell'Occidente quando gli Arabi, dopo il VII secolo, divennero Musulmani.
Nel 1274, papa Gregorio X — nel tentativo di indurre i Mongoli di Persia e l'imperatore bizantino Michele Paleologo a partecipare all'ottava Crociata — inviò in Oriente il francescano frate Fidenzio, con l'incarico di redigere un piano strategico e tattico. Il francescano, per visitare l'Egitto, la Mesopotamia e la Palestina, impiegò quindici anni, il tempo che segnò la caduta di Acri e la fine degli Stati latini d'Oriente. Tornato in Italia, nel 1290, frate Fidenzio presentò al nuovo papa, Nicola IV, un inutile "Liber recuperationis Terrae Sanctae”.
Trascuriamo le notizie di carattere economico, geografico e militare, per soffermarci su un capitolo dall'emblematico titolo: ”Che i Saraceni sono fetidi per lussuria”. Un passo di questo significativo capitolo ci informa che «il fetore della lussuria è nei Saraceni così grande che appena si può descrivere con le parole, poiché dalla pianta dei piedi alla sommità del capo, essi sono immersi nel fango... Oltre la sopraindicata immondezza, i Saraceni ne hanno molte altre ancora maggiori, delle quali non parlerò, poiché essi commettono tali e tante scelleratezze carnali da renderli meritevoli di morte, come lo furono gli abitanti di Sodoma e Gomorra. Perciò, anche se non vi fosse altro motivo, basterebbe questo perché incombesse ai Cristiani l'obbligo di combatterli e di ripulire di essi la terra 3».
La questione della lussuria dei Musulmani assume per gli scrittori medievali cristiani il carattere di idea fissa e ossessionante, accendendo a tal punto la loro fantasia da ridurli a non parlare d'altro e a fare del discorso della poligamia il nucleo delle loro interpretazioni dell'Islam. Basti qui ricordare un'autorità della statura di san Tommaso d'Aquino che, nella sua "Summa", correlava pari pari l'entusiasmo di fede islamica e la «promessa di piaceri che la concupiscenza della carne fa desiderare 4».
È sopratutto l'atteggiamento sempre più sessuofobico che prevale nella cultura cristiana, dove la fornicazione diventa il peccato per eccellenza. Intorno al 1200, ad esempio, uno scrittore minore di manuali confessionali dichiarava: «Tra tutte le battaglie dei Cristiani, la castità è la più grande. Qui, il combattere è continuo e la vittoria è rara. La continenza è in realtà la grande guerra 5».
Il celibato dei preti venne imposto nel 1159, con il Concilio Laterano Secondo. In precedenza, come è noto, non solo i sacerdoti si sposavano, ma abbiamo addirittura testimonianza a proposito di vescovi poligami 6. Giorgio Vercellin (Ordinario di Lingua e Letteratura Afgana nell'Università di Venezia) ritiene che l'odio verso le supposte sfrenatezze erotiche dei Musulmani nell'Europa medievale deriverebbe anche, se non sopratutto, dall'atmosfera di pesante repressione sessuale che dominava l'Occidente cristiano. Limitandosi a tracciare un breve cenno sui miti relativi alla 'lussuria degli Arabi', il Vercellin ci conduce in quello che diverrà, nell'immaginazione degli Occidentali, il luogo per eccellenza dei torbidi piaceri dei Musulmani: l'harem 7).
Sino al XV secolo «non sembra esservi stato per gli Occidentali, un luogo specifico deputato alle turpitudini dei Musulmani. Al più, tale luogo era identificato eventualmente nel paradiso di Allah. Il pontefice Pio II, in una lettera del 1461, indirizzata a Maometto II (il conquistatore di Costantinopoli) scrisse testualmente: 'La tua legge promette nella vita futura fiumi di latte e miele e di vino e cibi delicati e molte mogli e concubine vergini, con angeli ministri di tali turpitudini e tutto quello che può desiderare la carne'. L'harem è il luogo in cui vengono proiettati i fantasmi e le immaginazioni dell'Occidente; in una parola, l'Oriente deH'immaginario — immutabile, erotico, perverso e dispotico — si identifica con l'harem dell'immaginario» 8.
I Padri della Chiesa consideravano l'istituzione del matrimonio addirittura un'opera diabolica; e lo proponevano ai laici proprio quando ritenevano di non poterne fare a meno. Secondo Tertulliano, apologista cristiano del II secolo, i figli erano «il più amaro dei piaceri» e le mogli, per definizione, erano deboli e fragili, tarde di comprendonio, emotivamente instabili, frivole e volubili, ingannatrici e assolutamente infide 9.
Sembrava incredibile a Tertulliano che il matrimonio potesse trasformare un atto peccaminoso in un atto santificato. I Padri della Chiesa guardavano con sospetto il concepimento dei figli, non essendo certi che il biblico comandamento ’crescite et multiplicamini’ fosse ancora valido. Prima di Cristo, la procreazione massiccia era necessaria perché da essa nascesse il Messia; ma, dopo la nascita del Messia, la procreazione indiscriminata non era più necessaria o lo era, comunque, meno di prima.
II matrimonio venne consacrato come sacramento nel XII o XIII secolo; fino ad allora, a partire dal VII secolo, la Chiesa stentò a trovarne una definizione. Era un contratto d'ordine morale autenticato dalla cerimonia stessa, o doveva essere confermato dall'atto sessuale? La conclusione che se ne trasse fu che «nuptias non concubitus, sed consensus facit», il consenso, e non il coito, fa il matrimonio 10.
La sessualità coniugale era un grave rischio, un ostacolo alla salvezza eterna, ma poteva anche costituire un fattore positivo in quanto, offrendo maggiori tentazioni, offriva anche maggiori opportunità per acquisire una automortificazione. Ad affermarlo, sono Giovanni Crisostomo, Metodio e Clemente di Alessandria 11.
A questo proposito, Gregorio di Tours (vescovo di Tours, autore di molte opere di carattere storico ed ecclesiastico) narra «la storia commovente di due giovani sposi che si giurarono di conservare la castità e, tuttavia, condivisero il letto per tutta la vita. Quando morirono, i due sarcofagi furono collocati uno di fronte all'altro, nelle pareti della tomba comune; il mattino seguente, i due sarcofagi furono trovati l'uno accanto all'altro, nella stessa parete 12».
Fino a che non venne imposto il celibato clericale, il matrimonio non costituiva un ostacolo alla carriera ecclesiastica. Con l'imposizione di Gregorio VII, avvenne che molti sacerdoti venissero ordinati dopo aver condotto una vita matrimoniale per decenni; quando, cioè, la vita coniugale — più o meno allietata da progenie — non aveva più l'attrattiva giovanile. Perché un prete potesse diventare vescovo, doveva essere celibe o, se sposato, rinunciare alla moglie 13. È tuttavia improbabile che la maggioranza dei sacerdoti riuscisse, nel celibato o meno, a sopprimere gli istinti della carne. Tanto è vero che, non potendo usufruire di una moglie legittima, la quasi totalità dei preti e dei vescovi, per tacere dei cardinali e dei pontefici, si circondavano di cortigiane e di amanti.
Maggiore saggezza, aderente alla realtà umana, dimostrano le Chiese che hanno evitato ai propri sacerdoti di peccare, infrangendo un dispositivo contro natura. Il pastore protestante, il papas greco e il pope russo — per non portare avanti l'esempio dei ministri di altre religioni — hanno mogli e figli; e non per questo conducono una vita meno edificante dei preti cattolici. Anzi, nel difficile cammino della santità, sono agevolati dall'avere meno tentazioni, tra cui — dominante — quella del sesso. A questo proposito, cadrebbe acconcio il concetto che san Paolo ebbe del peccato, dopo la conversione.
L'astinenza sessuale può essere concepita per brevi periodi, alla stregua del digiuno che parecchie religioni impongono, in occasione di determinati riti religiosi. Ricalcando un divieto che, oltre due millenni fa, veniva imposto alle fedeli di Demetra durante le Tesmoforie 14, l'anglicano arcivescovo di Canterbury, nel 1978, impose ai duecento vescovi che partecipavano al Concilio di Lambeth, l'astinenza sessuale per il periodo delle tre settimane previste per i lavori del sinodo. Il Sunday Telegraph del 9 luglio 1978 informò i suoi lettori che i duecento vescovi erano stati alloggiati nei locali dell'Università del Kent, e che le rispettive consorti erano state confinate in altri alloggiamenti, distanti oltre un chilometro 15.
Nessuna religione ha proibito la poligamia: nemmeno il cristianesimo. «Le enciclopedie di parte cattolica o protestante, e gli studi laici concordano nell'affermare che il cristianesimo non proibisce la poligamia. La parabola delle dieci vergini, in Matteo XXV, 1-22, implica l'idea che il caso del matrimonio in una stessa notte, con dieci vergini, era un fatto normale, agli occhi del Messia». È un passo di M. Hamidullah, nell'incontro islamico-cristiano di Cordova, nel marzo del 1977. Il riferimento è del tutto male interpretato. La parabola si riferisce a dieci vergini che vanno incontro allo sposo e alla sposa, munite di lampade, per illuminare la sala delle nozze. Ovviamente, il passo di Matteo non può essere messo in relazione con certi passi della Bibbia che, pur affermando la generalità della monogamia, come ideale del rapporto matrimoniale, citano i re ebrei che, come Salomone, avevano molte mogli nell'harem, al pari degli altri re del suo tempo.
L'Islam è l'unica religione monoteista che ha ammesso la poligamia, limitando il numero delle mogli a quattro soltanto, in termini di concessione, non di imposizione. Maometto incoraggiò la poligamia per due motivi che, al suo tempo, avevano ragione di essere: per aumentare il numero dei fedeli e per assicurare una certa sicurezza alle vedove e agli orfani dei morti nel massacro della battaglia di Uhud.
Il Corano è notoriamente difficile da interpretare (a volte, le sure sembrano responsi della Sibilla Cumana); il versetto che tratta la questione può essere interpretato in diverso modo; solo che, ai seguaci, fece comodo interpretarlo nel senso che era loro permesso di avere quattro mogli, purché fossero in grado di mantenerle e di trattarle con uguale gentilezza. A chiunque non fosse sicuro di osservare il comandamento, veniva consigliato di limitarsi ad avere una sola moglie e un numero non specificato di concubine 16.



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1)​ Sidney Heath: Pilgrim life in the Middle Ages. In A. Me Call: I reietti del Medio Evo, p. 22.
2)​ Cfr. M. Robinson: Maometto, p. 16. Su Ammiano Marcellino, cfr. G. Modica Scala: Pagine di pietra, p. 456, n. 110.
3)​ A. Malvezzi: L'Islamismo e la cultura europea, pp. 100-101.
4)​ Tommaso d'Aquino: Summa contra Gentiles, I, IV. In A. Malvezzi: op. cit., p. 107.
5)​ P. Brown: L'ossessione occidentale del sesso. In VPIR, p. 109.
6) ​Nella seconda metà dell'XI secolo, papa Gregorio VII emanò un divieto di matrimonio del clero, che sollevò violente reazioni in molte parti del mondo cristiano. Il clero tedesco, per esempio, proclamò che avrebbe rinunciato alla vita, piuttosto che alle mogli. Ancora nel 1274, il vescovo di Liegi venne deposto per aver messo al mondo sessantacinque figli illegittimi. Cfr. R.Tannahill: Storia dei costumi sessuali, p. 132.
7)​ G. Vercellin: Harem e lussuria nel pregiudizio occidentale verso gli Arabi, p. 180.
8) ​A. Malvezzi: op. cit., p. 176.
9) ​Tertulliano: Ad uxorem, lib. I, 5. Su Tertulliano, cfr. G. Modica Scala: Pagine di pietra, pp. 447-49 e note 78 e 83.
10) ​Cfr. R. Tannahill: op. cit., pp. 133-34.
11) ​Cfr. M. Rouche: L’alto medioevo occidentale, passim.
12) ​Cfr. R. Tannahill: Storia dei costumi sessuali, p. 34.1 casi, secondo il mio giudizio, sono tre: primo, che si tratti di una pia leggenda; secondo, che sia stato impotente l'uno e frigida l'altra; terzo, che dando a vedere il contrario, abbiano consumato ogni notte il rito comune a tutti i mortali di sesso diverso. Senza queste mie considerazioni, l'episodio è riportato anche a pag. 753, nota 147.
13)​ Lo stesso Gregorio di Tours riporta che, seguendo la tradizione, Urbino si separò dalla moglie, per potere assumere la carica di vescovo di Clermont-Ferrand. «Ma la donna — scrive Gregorio —, infiammata di desiderio... si diresse al palazzo vescovile, approfittando delle tenebre. Trovando tutto chiuso, cominciò a battere la porta della sede ecclesiastica e a gridare: 'Fino a quando dormirai, vescovo? Fin quando terrai chiuse le porte? Perché disprezzi così la tua compagna? Perché, con le orecchie tappate, ti rifiuti di ascoltare gli ordini di san Paolo? Forse che egli non ha scritto: Ritornate di nuovo insieme, affinché Satana non vi tenti?'. Tanto a lungo continuò in queste implorazioni che il cuore del vescovo finì per intenerirsi. Egli diede ordine allora che la lasciassero entrare nel suo letto e, dopo di essere stato con lei, la congedò».
14)​ Cfr. G. Modica Scala: Pagine di pietra, p. 406.
15) ​Cfr. R. Tannahill: op. cit., p. 131.
16) ​Maometto: Corano, sura IV, vers. 3: «Se avete paura di non trattare con equità gli orfanelli, sposate pure due, tre o anche quattro donne di cui siete innamorati; ma se temete di diventare ingiusti, sposatene una sola o ricorrete alle vostre schiave, possesso della vostra mano destra. Sarà la maniera migliore per non allontanarsi dal giusto».
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